Circa un anno fa mi è capitato di vedere per la prima volta Pane, amore e... di Dino Risi (1955) e già in quell'occasione mi feci qualche domanda sul ruolo del cinema di quegli anni. Con l'occasione di questo esercizio sono tornato sulla questione, cercando in particolare di capire se i fini educativi siano un elemento da sempre cercato/voluto in questo settore. Ho trovato quindi un articolo di Livia Romano (qui) intitolato "L’educazione familiare e il consumo del cinema negli anni cinquanta tra nord e sud d’Italia", da cui ho tratto il seguente paragrafo:
"A ben guardare, nel corso degli anni Cinquanta tra il pubblico e il cinema si instaurò un dialogo senza precedenti ed un’interazione che oggi si è persa, che rese l’andare al cinema delle famiglie una pratica educativa (e non solo ricreativa) e un importante veicolo di modelli culturali e di valori. Il cinema, in quegli anni, si caratterizzò come «agente di storia» (Ortoleva 1991), perché ebbe il potere di trasformare le famiglie italiane del secondo dopoguerra che, attraverso la fruizione dei film, da un lato apprendevano nuovi stili di vita, dall’altro lato diventavano consapevoli di una nuova identità che era tutta da ricostruire."
Emerge quindi che il cinema ebbe un ruolo molto importante per individuare e interpretare i bisogni emergenti delle famiglie italiane (in particolare donne e giovani), "contribuendo a costruire stili educativi nuovi e aprendo lo sguardo verso orizzonti di formazione inediti" (Romano, 2017).
Facendo invece ora un salto temporale in avanti di almeno quaranta anni, ho selezionato alcuni film che:
- sono stati specchio della società, ossia raccontando uno specifico contesto storico-sociale mettono in luce questioni e temi del tempo, mostrando "esempi educativi" positivi e negativi;
- utilizzano i protagonisti per esser loro stessi "educatori", condividendo valori e modelli culturali con i più giovani (figli, studenti).
Billy Elliot (2000)
Don't look up (2021)
da L'attimo fuggente (1989)
La ricerca della felicità (2006)
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